Nagorno-Karabakh: Francia teme il ruolo della Turchia

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(Roma 21 novembre 2020). La Francia vuole istituire un meccanismo di supervisione internazionale che monitori l’attuazione del cessate il fuoco nel conflitto del Nagorno-Karabakh, dato il timore che Russia e Turchia possano raggiungere un accordo per escludere le potenze occidentali dai futuri colloqui di pace. Lo ha reso noto la presidenza francese, giovedì 19 novembre, sottolineando che Parigi e Washington, che co-presiedono insieme a Mosca il gruppo di Minsk, non sono stati coinvolti nell’accordo firmato da Russia, Armenia e Azerbaigian il 9 novembre per porre fine a sei settimane di combattimenti nell’enclave.

Dopo il cessate il fuoco, la Russia ha tenuto colloqui con la Turchia, un alleato chiave dell’Azerbaigian e un aspro critico del gruppo di Minsk, e il suo Parlamento ha approvato il dispiegamento di truppe turche nella regione. “La fine dei combattimenti dovrebbe ora consentire la ripresa dei negoziati per proteggere la popolazione del Nagorno-Karabakh e garantire il ritorno in buone condizioni di sicurezza di decine di migliaia di persone che hanno abbandonato le loro case nelle ultime settimane”, ha dichiarato l’ufficio del presidente francese Emmanuel Macron dopo le chiamate con il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, e il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan.

La popolazione della Francia comprende tra 400.000 e 600.000 abitanti di origine armena. Macron non ha preso posizione a favore di nessuna parte nel conflitto, ma ha affrontato diverse critiche in patria per non aver fatto abbastanza per aiutare Erevan. “Vogliamo che il gruppo di Minsk svolga il suo ruolo nella definizione della sorveglianza del cessate il fuoco”, ha detto ai giornalisti un funzionario presidenziale francese, rivelando che Parigi sta spingendo per una “supervisione internazionale” del cessate il fuoco in modo da consentire il ritorno dei rifugiati, organizzare il rientro dei combattenti stranieri, soprattutto dalla Siria, e avviare colloqui sullo status del Nagorno-Karabakh.

Le relazioni tra Francia e Turchia si sono deteriorate negli ultimi mesi. Parigi ha accusato Ankara di aver aggravato la crisi nel Caucaso. “I russi stanno parlando con i turchi di una possibile formula, che noi non vogliamo, che replichi il processo di Astana e divida i loro ruoli in questa regione sensibile”, ha detto il funzionario francese.“Non possiamo avere da una parte Minsk e dall’altra Astana. A un certo punto, i russi dovranno fare una scelta. Il forum di Astana ha permesso a Russia e Turchia di discutere tra loro su come gestire il conflitto siriano, mettendo da parte le potenze occidentali”, ha aggiunto.

La situazione nel Nagorno-Karabakh è degenerata il 27 settembre scorso quando una serie di scontri sono iniziati sulla linea di contatto, un’area fortemente militarizzata che separa le forze azere e armene impiegate nella regione. Da allora, sia l’Armenia sia l’Azerbaigian hanno introdotto la legge marziale e hanno annunciato la mobilitazione. Ad oggi, sia Erevan che Baku hanno riportato morti e feriti tra le proprie fila e hanno denunciato l’uccisione di civili.

I leader di Russia, Stati Uniti e Francia hanno invitato le parti opposte a porre fine agli scontri e ad impegnarsi ad avviare i negoziati senza precondizioni. La Turchia, da parte sua, ha dichiarato invece che fornirà all’Azerbaigian, suo alleato, qualsiasi sostegno richiesto. Ankara è stata accusata dall’Armenia e dal presidente francese di aver rifornito le forze azere di mezzi, armi e uomini.

Armeni e azeri si contendono il Nagorno-Karabakh dal febbraio 1988, quando la regione, a maggioranza armena, ha annunciato la sua secessione dalla Repubblica socialista sovietica dell’Azerbaigian. Durante il conflitto armato del 1991-94, l’Azerbaigian ha perso il controllo del Nagorno-Karabakh che, con l’appoggio armeno, si è proclamato indipendente prendendo il nome di Repubblica di Artsakh. Quest’ultima non è riconosciuta dalla comunità internazionale, ma possiede formalmente un proprio governo, una propria amministrazione e un proprio esercito.

Chiara Gentili. (Sicurezza Internazionale)