(Roma 08 novembre 2020). L’analisi del telefonino e i risultati investigativi dell’intelligence italiana dimostrano che l’attentatore, Kujtim Fejzulai era contatto con 5 uomini che fanno parte del misterioso gruppo salafita, operativo nella Mitteleuropa ma radicato tra la Bosnia e il Kosovo.
La strage di Vienna passerà alla storia del terrorismo islamico come il battesimo del fuoco dei Leoni dei Balcani. Si tratta di un gruppo di radicalizzati devoti alla jihad i cui membri vivono stabilmente nel cuore della mitteleuropa, tra la Germania, l’Austria e la Svizzera. L’attentatore 20enne Kujtim Fajzulai, detto “Timi”, cittadino austriaco (è nato a Mödling, a pochi chilometri da Vienna) di famiglia originaria della Macedonia del Nord, era in contatto con cinque uomini, tutti organici del misterioso gruppo balcanico.
L’indagine dell’intelligence
La circostanza emerge mettendo insieme i primi elementi investigativi raccolti dall’Aise, l’Agenzia di intelligence esterna diretta dal generale Giovanni Caravelli, e dalla sezione Antiterrorismo dell’Ucigos, guidato dal prefetto Lamberto Giannini. Il governo italiano è stato informato e viene tenuto aggiornato degli sviluppi.
Sin dal 2018, dunque,Timi risulta appartenere ai Leoni dei Balcani, una formazione terroristica di cui, oltre alla militanza islamista e violenta, si sa poco e niente. Ad agosto di quell’anno Timi Fejzuali è localizzato in un appartamento su Lastenstrasse, a Liesing, quartiere multietnico nel quadrante sud di Vienna. Dev’essere grazie al gruppo balcanico che, un mese dopo, prova a raggiungere l’Afghanistan e l’Iraq per unirsi allo Stato Islamico. In Turchia, però, lo arrestano, lo rispediscono in Austria dove viene condannato per terrorismo a 22 mesi, finisce in carcere ma lo rilasciano dopo appena 9 mesi. La sera del 2 novembre scorso, l’ultima prima del lockdown nazionale, entra in azione ed uccide quattro persone nel centro di Vienna sparando con un Ak-47 e una pistola Tokarev.
La traccia svizzera e il predicatore salafita
L’analisi del telefonino ha permesso una preliminare ricostruzione della sua rete, che si dipana in tre Stati. Ancora a settembre Timi contatta e parla di frequente con un uomo, le cui iniziali sono B.S, considerato il terminale europeo – così lo inquadra l’intelligence – dei Leoni dei Balcani e il tramite che ha accesso, nei Balcani, al mercato clandestino di armi ed esplosivi. Da costui gli analisti dell’Antiterrorismo risalgono a un ventiquattrenne tagiko che vive in Germania, finito agli arrestati per aver messo in piedi una cellula terroristica che stava pianificando assalti contro soldati americani di stanza. Ma la rete di Timi va oltre l’Austria e la Germania, avendo una propaggine anche in Svizzera: si tratta di due kosovari che gravitano nell’orbita salafita di Nedzad Balkan, un predicatore radicale ed estremo interprete della corrente takfirista, nato a Vienna e conosciuto col nome “Abu Muhammed”. E’ stato arrestato nel 2017 in Austria.
Il suo «alter ego» sedicenne
C’è infine una quarta persona con cui Kujtim Fajzulai era in contatto. E’ un sedicenne nato in Kosovo e residente a Vienna. Ha una storia simile a lui. Arrestato in Turchia nel 2019 per adesione allo Stato Islamico, condannato a 15 mesi e rimesso in libertà nel dicembre di quello stesso anno. Usa il profilo Facebook “Kujtim Kd”, non posta contenuti pubblici. L’unica foto presente è quella di un leone.
Fabio Tonacci. (La Repubblica)