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La Grecia esorta la Germania a sospendere la vendita di armi alla Turchia

(Rome 05 novembre 2020). Durante una visita a Berlino, il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, ha ribadito la richiesta di imporre un embargo sulla vendita di armi tedesche alla Turchia. In Germania, il rappresentante del governo di Atene ha discusso con il presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier, e con vari alti funzionari, tra cui il presidente del Parlamento, Wolfgang Schäuble, e il capo della commissione per gli affari europei del Bundestag, Gunther Krichbaum, della situazione instabile nel Mediterraneo orientale. Nel corso della sua visita, Dendias avrebbe dovuto incontrare anche l’omologo tedesco, Heiko Maas, ma l’evento è stato annullato dopo che quest’ultimo ha saputo di essere entrato in contatto con un caso positivo al Covid ed è stato costretto ad entrare in quarantena precauzionale.

A Berlino, il ministro degli Esteri greco ha sollevato principalmente la questione dei sottomarini Tipo 214, di progettazione tedesca, che sono al momento in costruzione per essere consegnati alla Turchia e dunque, a detta di Dendias, per sconvolgere gli equilibri di potere nel Mediterraneo orientale. “Questa vendita potrebbe minacciare Stati membri dell’UE come Cipro e Grecia, ma anche, più in generale, la stabilità nella regione”, ha dichiarato il ministro, illustrando l’impatto del comportamento “provocatorio” della Turchia su diversi fronti, dalla Libia, alla Siria, all’Iraq, al Caucaso, fino ai mari intorno a Cipro e a Sud di Kastellorizo e di altre isole greche. “Il Paese che si rifiuta di venire al tavolo dei negoziati e risolvere le controversie ai sensi del diritto internazionale sulle nostre zone marittime è lo stesso Paese offensivo che opera anche in altri scenari, la Turchia”, ha aggiunto Dendias, dopo aver fatto altresì riferimento al pericolo rappresentato dal trasferimento di jihadisti dalla Siria alla Libia e dalla Libia al Caucaso.

Mercoledì 4 novembre, Cipro ha chiesto alla Turchia di interrompere immediatamente le sue ricerche di idrocarburi all’interno della zona economica esclusiva di Nicosia. Con il suo ultimo Navtex, emesso martedì 3 novembre, Ankara ha riservato alla sua nave esplorativa Barbaros un’area a Sud-ovest dell’isola fino al 16 febbraio. Solo qualche giorno prima, domenica primo novembre, il governo turco aveva comunicato, in un altro avviso ai naviganti, che anche la sua nave da ricerca sismica Oruc Reis sarebbe rimasta nelle acque del Mediterraneo orientale, almeno fino al 14 novembre.

Atene ha più volte condannato le attività turche, definendole illegali, nonché una minaccia alla sicurezza e alla pace della regione. La Grecia considera poi l’atteggiamento della controparte “provocatorio”, oltre che in contrasto con gli sforzi profusi sino ad ora per allentare le tensioni e con quanto stabilito dal Consiglio dei capi di governo dell’UE, dal quale Ankara è stata esortata ad astenersi dal prendere decisioni unilaterali nel Mediterraneo orientale e dall’agire “come una potenza che cerca a tutti i costi di destabilizzare la regione”.

Turchia e Grecia, entrambi membri della NATO, sono in disaccordo sui diritti di sfruttamento delle risorse di idrocarburi nella regione del Mediterraneo orientale, per via di opinioni contrastanti sull’estensione delle loro piattaforme continentali. Le acque, punteggiate principalmente da isole greche, sono ricche di gas e la delimitazione delle rispettive zone economiche esclusive è fonte di controversia tra Turchia, Grecia e Cipro.

Ankara sostiene di avere la costa più lunga del Mediterraneo orientale, ma la sua zona marittima è racchiusa in una stretta striscia di acque a causa dell’estensione della piattaforma continentale greca, caratterizzata dalla presenza di molte isole vicine alla frontiera turca. L’isola greca di Kastellorizo, che si trova a circa 2 km dalla costa meridionale della Turchia e a 570 km dalla Grecia continentale, è una delle principali fonti di frustrazioni per Ankara, che rivendica quelle acque come proprie.

Chiara Gentili. (Sicurezza Internazionale)

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