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Il team segreto della Cia in Kenya per l’antiterrorismo

(Roma 03 novembre 2020). In Kenya, dal 2004, opera un’unità paramilitare clandestina per la cattura di sospetti terroristi, addestrata e coordinata dalla CIA, l’Agenzia Centrale d’Intelligence statunitense, con il supporto dei servizi segreti britannici. È quanto rivelato da un’inchiesta di Declassified UK, firmata dal giornalista investigativo Namir Shabibi, che ha raccolto le testimonianze di decine di funzionari della CIA, del Dipartimento di Stato Usa e delle agenzie di sicurezza keniote.

Questo gruppo sotto copertura, chiamato Rapid Response Team (RRT), è composto da circa 60 persone e appartiene al General Service Unit, un’ala della polizia keniota. Se da un lato il RRT svolge un ruolo di contrasto ad al-Shabaab, la fazione somala dell’organizzazione terrorista al-Qaeda, dall’altro si è reso responsabile di esecuzioni sommarie ed extragiudiziali.

Mark Bellamy, ambasciatore Usa in Kenya dal 2003 al 2006, è la figura che ha creato l’intesa con le controparti keniote, trovando come interlocutore privilegiato il Servizio Nazionale di Intelligence (NIS), dopo aver riscontrato scetticismo tra le agenzie di polizia e militari nella creazione di una multi-agenzia integrata, a causa della forte rivalità tra di esse. Inoltre, in quegli anni, il Kenya adottava una politica di neutralità riguardo ai conflitti nell’area, ponendosi come mediatore. Ad ogni modo, nel 2004, le reclute del RRT furono inviate per la prima volta negli Stati Uniti per ricevere l’adeguato addestramento da parte della CIA, in luoghi tenuti segreti alle reclute stesse.

La CIA gestisce le operazioni sotto copertura del RRT tramite un “ufficiale di collegamento” stanziato presso l’ambasciata Usa di Nairobi. Ha inoltre finanziato regolarmente le missioni del RRT, fornitovi armi e concesso benefit ai suoi componenti, che ricevono tramite l’ambasciata anche un aumento salariale del 30%, non indifferente viste le basse paghe del personale keniota.

Guerra d’intelligence

Tra gli interventi “di alto profilo” compiuti dal RRT contro al-Shabaab, si annoverano l’uccisione, ad agosto 2019, di un sospettato legato all’attentato dell’hotel DusitD2 di Nairobi, avvenuto a gennaio dello stesso anno, in cui sono morte 21 persone, e la neutralizzazione delle cellule responsabili dell’attacco all’Università di Garissa del 2015, in cui morirono 148 persone. Prima ancora, nel 2009, l’unità segreta aveva sventato un piano di uccidere l’allora Segretaria di Stato Usa Hillary Clinton, durante una visita in Kenya di quell’anno.

Grazie a travestimenti, veicoli con targhe finte e altre tattiche, il RRT è riuscito a passare inosservato per 16 anni. Alcuni suoi membri, per controllare alcuni sospettati, si sono anche infiltrati nel campo profughi di Dadaab, a pochi chilometri dal confine somalo, fingendosi funzionari del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, utilizzandone veicoli e divise, a insaputa dello stesso.

Declassified UK rivela che le missioni del RRT sono spesso guidate, se non addirittura approvate, interamente dalla CIA, che si avvale anche delle informazioni del NIS. Inoltre, l’aiuto dei servizi segreti di Londra, che intrattengono relazioni di lunga data con la controparte keniota, è fondamentale e si è intensificato a partire dal 2010, visto l’aumento dei “foreign fighters” britannici che raggiungevano la Somalia attraverso il Kenya. L’intelligence di Sua Maestà ha un ruolo tale da decidere anche le sorti dei sospettati oggetto degli interventi del RRT: catturarli o ucciderli.

Esecuzioni extragiudiziali e radicalizzazione

Nel 2011 il governo di Nairobi mandò il proprio esercito in Somalia, ufficialmente a causa dell’aumento dei rapimenti, da parte di al-Shabaab, di operatori umanitari e turisti nel nord e sulla costa del Kenya. In realtà vi erano motivi legati al controllo della regione somala di confine e di alcune infrastrutture legate al petrolio. Il Paese sembrava comunque allinearsi con la “guerra al terrorismo” promossa dagli Stati Uniti nel decennio precedente. Da quel momento, gli attacchi di al-Shabaab si intensificarono, anche in funzione anti-americana, dal momento che gli Usa erano un partner militare nella regione. “Ci attaccano di continuo, perché siamo visti come pro-America, pro-occidente”, ha dichiarato l’ex vicepresidente keniota Kalonzo Musyoka.

Il RRT avrebbe ricevuto, talvolta, istruzioni di eliminare i presunti terroristi, sapendo a priori che non sarebbero mai stati interrogati una volta arrestati. Alcuni suoi membri hanno raccontato: “Quando ci hanno addestrato sugli obbiettivi, ci hanno detto che i diritti umani vengono dopo”. Sebbene questo team clandestino non sia nato con lo specifico compito di uccidere i sospettati, non c’è stata alcuna conseguenza nel caso di vittime ingiustificate, neanche se innocenti.

Il dossier di Shabibi riporta, tra gli altri, il caso di Omar Faraj, padre di famiglia ucciso per errore a Mombasa a ottobre 2012, nel suo appartamento. Il RRT credeva di aver fatto irruzione nell’abitazione di Fuad Abubakar Manswab, presunto ideatore di un attentato sventato nella stessa città l’anno precedente.

Dal punto di vista legale, il codice americano prevede che le agenzie Usa come l’Esercito, il Dipartimento di Stato e le forze di polizia, che assistono forze di sicurezza straniere, controllino che queste ultime operino nel rispetto dei diritti umani, tralasciando però il mondo dell’intelligence. Non a caso è la CIA a guidare tali operazioni in Kenya. Qui, il governo di Nairobi non ha mai approfondito i casi di uccisioni extragiudiziali legate all’antiterrorismo, derubricate in fretta a operazioni di polizia contro soggetti definiti “armati”, anche in presenza di testimoni che sostenevano il contrario. Solo nel 2019, nella regione di Mombasa sono state riportate 43 esecuzioni extragiudiziali, il 50% in più dell’anno precedente.

Alcune organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch, hanno segnalato come le uccisioni sommarie, il cui target sono quasi sempre soggetti musulmani, contribuiscono a coltivare nella popolazione islamica sentimenti di estremismo, anche anti-americano. Secondo Musyoka “non c’è nulla che radicalizzi di più la gente delle esecuzioni al di fuori dalla legge, perché vorranno vendetta”. “Abbiamo bisogno di gruppi specializzati nell’antiterrorismo”, ha dichiarato Michael Ranneberg, ambasciatore Usa in Kenya dal 2006 al 2011, a Declassified UK. “In molti Paesi cerchiamo un’unità speciale con la quale collaborare, e se non esiste, qualche volta ci adoperiamo per crearla e addestrarla”.

Jacopo Lentini. (Inside Over)

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