Miliziani filo-turchi al servizio dell’Azerbaigian: 2.000 dollari per combattere contro gli armeni

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(Roma 15 Ottobre 2020). Centinaia di ribelli siriani legati alla Turchia si stanno preparando a unirsi al conflitto del Nagorno-Karabakh, lo riferisce il quotidiano statunitense The Wall Street Journal in un reportage pubblicato il 14 ottobre.

Secondo il quotidiano, un siriano che partecipa al trasferimento dei mercenari dal Medio Oriente verso il Caucaso meridionale afferma che i ribelli sono stati inviati in Nagorno Karabakh da metà settembre in gruppi di 100 persone. Questo dimostrerebbe che l’Azerbaigian programmava l’attacco e che questo non è risultato di incidenti lungo la linea di confine che hanno avuto luogo la stessa domenica 27 settembre, come sostengono le autorità di Baku. Un’altra fonte ha riferito al Wall Street Journal che centinaia di combattenti sono già stati schierati in quel territorio, ma anche che alcune decine di loro sono già tornati in Siria a causa degli aspri combattimenti nella zona di conflitto.

Un ribelle siriano ha rivelato che gli sono stati offerti fino a 2.000 dollari per combattere nel Nagorno Karabakh dalla parte dell’Azerbaigian. Secondo il quotidiano, un mercenario ha riferito che circa 200 ribelli chiedono di tornare in Siria. Afferma che molti non si aspettavano che gli armeni resistettero e combattessero con accanimento.

Il giornale newyorchese afferma inoltre, citando fonti anonime del governo turco, che Ankara ha consegnato diversi droni d’attacco all’Azerbaigian. L’Azerbaigian ha negato categoricamente la presenza di mercenari nell’area dei combattimenti con le forze armene.

Il primo Ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan ha affermato che fino a quando la Turchia non cambierà la sua posizione, l’Azerbaigian non interromperà le sue operazioni militari contro l’Artsakh (Nome ufficiale della repubblica autoproclamata del Nagorno-Karabakh). Pashinyan, in un’intervista, ha affermato che solo il cambiamento di posizione della Turchia sul Nagorno Karabakh può spingere l’Azerbaigian a cessare le operazioni militari, ma a seguito dell’accordo di Mosca di sabato sul cessate il fuoco non ha visto alcun segnale da Ankara in questa direzione. Il capo del governo armeno ha accusato la Turchia di contrastare il regime di cessate il fuoco e di aver tentato di infiltrarsi nel Caucaso meridionale con le sue aspirazioni espansionistiche. «Sono convinto che fino a quando la Turchia non cambierà posizione, l’Azerbaigian non fermerà le operazioni militari» – ha detto il Primo ministro. Pashinyan ha inoltre sottolineato che prima che fosse raggiunto l’accordo sul cessate il fuoco, la Turchia aveva già annunciato che l’Azerbaigian non avrebbe dovuto fermare le operazioni militari. E in seguito all’accordo il ministro degli Esteri turco ha chiamato il suo omologo azero per quella che, di fatto, era un’istruzione a non cessare in ogni caso le operazioni militari.

«La Turchia è entrata nel Caucaso meridionale per continuare la politica che guida nella regione del Mediterraneo contro Grecia e Cipro, la stessa politica che muove in Libia, Siria e Iraq. È una politica espansionistica». «I piani espansionistici della Turchia a nord, est e sud-est non sono un segreto, e il problema è che gli armeni nel Caucaso meridionale sono l’ultimo ostacolo per questa politica espansionistica. E ora la Turchia si frappone a qualsiasi soluzione del conflitto nel Karabakh. La Turchia sta cercando di continuare la sua politica di genocidio armeno, perché l’Armenia e il popolo armeno nel Caucaso meridionale sono l’ultimo ostacolo sulla sua via espansionistica verso nord, est e sud-est» – ha detto Pashinyan, avvertendo che l’intero Caucaso meridionale «diventerà come la Siria e l’incendio si diffonderà a nord e a sud molto velocemente, questione di mesi, e dopo qualche tempo dopo raggiungerà anche l’est».

Italo Cosentino. (Sicurezza Internazionale)