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Libano: due incendi in pochi giorni a Beirut, distrutti aiuti alimentari, a rischio l’assistenza umanitaria

Nel magazzino che oggi è andato a fuoco nel porto di Beirut, la Croce rossa aveva stoccato «migliaia di pacchetti di aiuti alimentari e mezzo milione di litri di olio», e «le operazioni umanitarie rischiano di essere seriamente danneggiate». Lo ha affermato sul suo profilo Twitter Fabrizio Carboni, direttore regionale del Comitato internazionale della Croce rossa per il Vicino e Medio Oriente. Il volume totale dei danni dev’essere ancora stimato, ha aggiunto Carboni. Secondo quanto dichiarato dal deputato Nazih Najem al quotidiano libanese «L’Orient-Le jour», l’hangar dove si è sviluppato l’incendio conteneva oltre ad alimenti anche «rifornimenti medici destinati all’ospedale Saint Georges di Ajaltoun, soda caustica, pneumatici, vodka, prodotti disinfettanti, tè nero, macchinari e prodotti cosmetici, in particolare profumi». La notizia giunge dopo che il Libano sta attraversando una dura crisi umanitaria, in conseguenza della devastante esplosione che lo scorso 4 agosto ha colpito il porto della capitale libanese provocando più di 190 morti, 6.500 feriti e migliaia di sfollati.

L’incendio che si è sviluppato oggi nel porto è il secondo rogo che colpisce l’infrastruttura in pochi giorni, dopo un incidente simile avvenuto martedì 8 settembre. Secondo quanto dichiarato dal governatore della capitale libanese, Marwan Abboud, all’emittente locale «LBCI», è ancora presto per parlare delle cause del rogo di oggi, dal quale si è levata una colonna di fumo nero che ha suscitato il panico fra i residenti. Il generale Raymond Khattar, direttore generale della Difesa civile libanese impegnata nelle operazioni di spegnimento del rogo insieme all’esercito, ha chiesto all’autorità portuale di «definire la natura dei materiali contenuti nei magazzini», così da poter mettere in sicurezza gli elementi. Secondo «LBCI» il segretario generale della Croce rossa libanese, George Kettaneh, ha assicurato che «l’incendio non condurrà a un’esplosione».

L’incendio di oggi fa seguito a quello sviluppatosi nello scalo di Beirut nella giornata dell’8 settembre, che secondo l’esercito libanese era scoppiato a partire da un cumulo di rifiuti, macerie, legno e vecchi pneumatici ed è stato domato dopo un paio d’ore. Media locali hanno informato che l’incidente non è avvenuto nei pressi del luogo dell’esplosione del 4 agosto, prodottasi in un magazzino che conteneva 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, confiscate e conservate dal 2014 nel porto di Beirut. Proprio quest’ultima è tornata alla mente di molti libanesi l’8 settembre e oggi, quando sui social media si sono diffusi video e immagini del fuoco e del fumo che si sollevava dal rogo. I sospetti incendi giungono a più di un mese di distanza dall’esplosione, mentre il giudice istruttore Fadi Sawan prosegue la sua inchiesta sul devastante evento, che ha condotto all’arresto dell’ex direttore generale del porto, del direttore generale delle Dogane libanesi e di almeno altre 23 persone. Proprio oggi, nel quadro dell’inchiesta, il giudice Sawan ha interrogato il ministro uscente dei Trasporti e lavori pubblici, Michel Najjar, e il capo dell’Agenzia nazionale di sicurezza Tony Saliba. Data la presenza accertata in vari luoghi del porto di merci pericolose, cresce il sospetto – secondo alcuni analisti – che dietro i ripetuti roghi di questi giorni possa esserci il desiderio di distruggere materiale rilevante per far luce sull’esplosione del 4 agosto. (Nova)

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