(Roma-23 luglio 2020). Dopo essere intervenuto in Libia a sostegno del governo di Serraj, Erdogan ha stretto con Tripoli un accordo per una zona economica esclusiva che attraversa una vasta porzione delle acque territoriale greche, dove una nave turca sta già effettuando ricerche idrografiche. Atene, le cui forze armate sono in stato di elevato allerta, ha trovato però la sponda di un altro Paese fortemente preoccupato per l’espansionismo di Ankara: l’Egitto di Al Sisi.
È «Polemos», «guerra», il trending topic tra gli utenti greci di Twitter in questi giorni. Il primo ministro ellenico, Kyriakos Mitsotakis ha risposto che Atene è «pronta a difendere il proprio territorio» di fronte all’ultima provocazione di Ankara, che martedì ha inviato la nave «Oruc Reis» a effettuare ricerche idrografiche nelle acque dell’isola greca di Kastellorizo. Acque le cui risorse la Turchia reclama come proprie in virtù di un accordo stretto con il governo di Tripoli su una «zona economica esclusiva» tra i due Paesi che include una vasta porzione dell’arcipelago greco, compresi i tratti di mare a ovest di Creta e Rodi, parte della zona economica esclusiva greca. Un accordo che sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea considerano illegale. Condanne per ora solo formali di fronte a un’escalation di tensione che ha spinto le forze armate greche in stato di «allerta elevato», riportano i media del Paese.
Lo stesso giorno in cui la Oruc Reis entrava nelle acque greche, dove intende restare fino al 2 agosto, due F-16 turchi hanno sorvolato le isole di Strongyli e Megisti a un’altezza di 3.800 metri.
Un’invasione dello spazio aereo a cui la Grecia è da tempo abituata. Le tensioni si aggiungono a quelle, mai sopite, su Cipro, le cui acque territoriali Erdogan rivendica per intero, e alla decisione del «sultano» di convertire in moschea a Istanbul, oggi un museo, annuncio accolto con sgomento in tutto il mondo cristiano ortodosso.
Se Atene appare risoluta nel mostrarsi capace di una risposta militare, da tempo Mitsotakis è al lavoro anche sul piano diplomatico, trovando sponda nell’Egitto, che vede con grande preoccupazione l’espansione dell’influenza turca nel Mediterraneo. Il presidente egiziano Al Sisi ha saputo conservare il ruolo tradizionale di mediazione che il Cairo ha nel mondo islamico ma sugli interessi nazionali non cede, come dimostra lo scontro con l’Etiopia relativo alla diga sul Nilo.
La Zona Economica Esclusiva concordata da Tripoli e Ankara andrebbe a sconfinare anche in acque egiziane. E non è certo l’unica ragione che ha spinto Al Sisi a minacciare un intervento armato in Libia a sostegno del generale Haftar qualora le truppe di Serraj, sostenute da Erdogan, si spingano oltre Sirte. Per il momento, però, la prima contromossa di Grecia ed Egitto sembra una reazione uguale e contraria.
Lo scorso 17 luglio, l’ambasciatore ellenico al Cairo, Nikos Garilidis, ha dichiarato al quotidiano Al Ahram che le due nazioni sono «molto, molto vicine» a stringere un accordo per una Zona Economica Esclusiva che, cartina alla mano, attraverserebbe quasi ad angolo retto quella disegnata da Libia e Turchia, creando una sorta di croce di Sant’Andrea al cui centro ci sarebbero proprio Creta e Kastellorizo, le isole le cui acque sono più minacciate dall’espansionismo turco. Nondimeno, Garilidis non ha mancato di porgere un ramoscello d’ulivo all’ancestrale avversario promettendo che se, la Turchia rinuncerà alle sue «idee ottomane», Atene si impegnerà per coinvolgerla in progetti congiunti di sfruttamento delle risorse del Mediterraneo, a partire dal gas naturale.
(Francesco Russo – AGI). (L’articolo)