Iran: il mistero delle tre esplosioni in una settimana

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(Roma-03 luglio 2020). Teheran ha parlato di «incidenti», ma c’è il sospetto che possa trattarsi del «risultato di interventi esterni»

La deflagrazione avvenuta nel complesso nucleare di Natanz nella notte tra mercoledì e giovedì sarebbe stata causata da un esplosivo impiantato all’interno della struttura, secondo quanto riporta il New York Times citando «fonti d’intelligence mediorientali».

Il portavoce dell’Organizzazione per l’Energia Atomica Iraniana, Behrouz Kamalvandi, aveva parlato ieri di un «incidente» che aveva provocato danni minori, senza comportare un’interruzione ai lavori in corso nel sito di arricchimento di uranio.

«È la terza misteriosa esplosione che ha colpito l’Iran nell’arco di una settimana», dice Edy Cohen, mediorientalista del Centro Begin-Sadat di Tel Aviv. «Non può essere una coincidenza». Venerdì scorso un’esplosione aveva colpito una base missilistica nei pressi di Teheran, in un altro sito monitorato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, mentre nelle stesse ore un incendio nella centrale elettrica di Shiraz causava un blackout nella città. Martedì invece una fuga di gas aveva provocato un’esplosione in una clinica medica a Teheran, facendo 19 vittime. Tutti gli episodi sono stati derubricati a «incidente» da parte delle autorità iraniane.

Ieri Irna, l’agenzia stampa ufficiale iraniana, ipotizzava un sabotaggio straniero e commentava che, nel caso fosse confermato un coinvolgimento del «regime Sionista o degli Stati Uniti, si tratterebbe del superamento di una linea rossa che deve portare a un ripensamento della strategia iraniana».

«Guardando con l’occhio professionale, l’attacco alla clinica non sembra legato. Mentre gli altri non è da escludere che siano il risultato di interventi esterni, considerate le continue violazioni da parte dell’Iran dell’accordo sul nucleare», ci dice Amos Yadlin, già a capo dell’intelligence militare israeliana, oggi direttore dell’Istituto per gli Studi di Sicurezza Nazionale (Inss) . «Ora l’Iran deve decidere se continuare a parlare di incidenti o puntare il dito contro qualcuno. La prima opzione gli consente di non dover reagire ed è probabile che continuino su questa strada. Nel caso di una reazione, potrebbe avvenire sul fronte cyber, oppure attraverso le proxy iraniane Hezbollah o Hamas». L’Iran attraversa un momento di grande difficoltà, devastato dalla crisi economica, per cui è difficile credere che si avventurerà in nuovi campi minati. «Israele ha attaccato l’Iran in Siria innumerevoli volte eppure non si è mai vista nessuna reazione» dice Cohen.

L’edificio colpito nel complesso per l’arricchimento di uranio di Natanz ospita una fabbrica di centrifughe di nuova generazione, non ancora operative. Si trova adiacente a un impianto sotterraneo per la produzione di combustibile nucleare che, a partire dal 2006, è stato oggetto di una serie di cyberattacchi nell’ambito dell’«Operazione Giochi Olimpici» condotta da Stati Uniti e Israele, tra cui il più noto è quello causato dal virus Stuxnet, che aveva neutralizzato mille delle 5,000 centrifughe all’epoca operative nell’impianto di Natanz.

Anche il quotidiano del Kuwait Al Jarida identifica oggi un possibile marchio israeliano negli attacchi alle due strutture legate al programma nucleare iraniano, specificando che entrambe ospitano importanti rifornimenti di gas UF6 (esafluoruro di uranio), componente chiave del processo di arricchimento dell’uranio.

Ma vi è anche una rivendicazione interna: ieri il canale della Bbc in persiano ha riportato un comunicato inviato poche ore prima dell’esplosione da un gruppo di dissidenti iraniani finora sconosciuto «Cheetahs of the Homeland» (i Ghepardi della Patria) che annunciava l’attacco a Natanz: «Stiamo per inferire un colpo fatale e senza precedenti al cuore del regime corrotto e oppressivo della Repubblica islamica».

Sullo sfondo di queste notizie, ci si interroga sul tempismo della visita a Gerusalemme dell’inviato speciale Usa per l’Iran, Brian Hook, questa settimana. Martedì, prima di rientrare a Washington, in un’intervista a Channel 13 aveva dichiarato «l’Amministrazione è sempre stata molto chiara in merito: l’Iran non otterrà mai un’arma nucleare». E aggiungendo, sollecitato dall’intervistatore: «l’opzione militare contro l’Iran è sempre sul tavolo».

(Sharon Nizza – La Repubblica).   (L’articolo)