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Istanbul: Erdogan ha deciso. Santa Sofia pronta a tornare moschea

(Roma-12 giugno 2020). Il presidente turco insiste perché l’ex basilica, oggi un museo deserto per motivi di pandemia, sia trasformata in luogo di culto musulmano. Il consiglio di Stato deciderà il 2 luglio

Tra pochi giorni le porte di Ayasofya, il museo che era l’antica basilica di Santa Sofia, riapriranno ai turisti. Anche Istanbul e la Turchia, come gli altri Paesi, riavvieranno voli e contatti con l’esterno e saranno pronti a far partire la stagione estiva. Da sempre l’ex luogo sacro rappresenta per i viaggiatori che toccano la città sul Bosforo una delle tappe obbligate. Ma per le decine di migliaia di visitatori che si preparano ora a tornare, Santa Sofia sarà ancora un museo oppure, come ha chiesto insistentemente in questo periodo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, verrà di nuovo trasformato in moschea ?

Nelle scorse settimane il capo dello Stato ha avanzato con forza una proposta anticipata in passato, dando istruzioni per cambiare lo statuto del grande complesso architettonico, antica basilica bizantina da anni aperta al pubblico come semplice museo. Lo scopo è quello di tornare a utilizzarla come luogo di culto islamico, così come era stato fino al 1935. E per farlo il presidente turco ha dato un segnale significativo.

Lo scorso 29 maggio, 567esimo anniversario della conquista ottomana di Costantinopoli – avvenuta nel 1453, Erdogan ha indicato dove vuole arrivare: in una Ayasofya completamente vuota per le disposizioni sul coronavirus, alla sola presenza – in realtà insolita, ma voluta – del ministro del Turismo, e per la prima volta dopo decenni anche di un imam, Erdogan collegato in video ha fatto risuonare sotto quelle volte ormai sconsacrate la preghiera islamica. In particolare, l’imam ha letto la sura di Fatih, cioè «il conquistatore», che si lega dunque a Maometto II, il condottiero che prese la città dopo un lungo assedio ponendo fine all’Impero bizantino e divenne Sultano.

Molte le reazioni nel mondo. In Vaticano nessuna posizione ufficiale, ma molti media vicini alla Santa Sede e alla Chiesa cattolica hanno rilevato l’allarme. Tante le critiche arrivate soprattutto da Atene, il cui governo ha definito come «inaccettabile l’utilizzo di un sito destinato ad altri culti». La risposta di Erdogan non si è fatta attendere: «Ad Atene non è rimasta neanche una moschea, a differenza di Istanbul, dove numerose chiese sono sempre attive. Il governo greco non ha legittimazione ad amministrare la Turchia e dovrebbe evitare di fare polemiche inutili. Se continuano a superare il limite sapremo come rispondere».

Da Ankara è seguito un fuoco di fila di accuse. Il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, ha attaccato dicendo che «Ayasofya è in territorio turco, è stata conquistata, e quello che accade nel nostro Paese e riguardante una nostra proprietà, riguarda solo noi. Non è affatto una questione internazionale, è una questione di sovranità nazionale», E il direttore delle Comunicazioni dell’ufficio presidenziale, Fahrettin Altun, ha promesso che il museo verrà «presto riconvertito» in luogo di culto musulmano: «Siate pazienti – ha detto rivolgendosi ai cittadini turchi – insieme faremo in modo che accada».

A questo punto Erdogan ha chiesto al Consiglio di Stato di pronunciarsi. La data della decisione sarà il prossimo 2 luglio. Con qualche dubbio, perché molti ritengono che si tratterà, come da vent’anni a questa parte in Turchia, di una scelta soprattutto politica. Alcuni osservatori sono infatti dell’idea che al Sultano convenga più agitare il vessillo di Ayasofya, che riconvertirla realmente in un museo. La tattica di creare problemi artificiali, in momenti delicati come quello che vedono Ankara al centro di formidabili polemiche internazionali per i motivi più diversi, potrebbe essere più utile al leader, sempre abile nel saper sfruttare l’onda delle masse interne che lo acclamano contro «l’Europa cristiana».

Santa Sofia attende il suo destino, che sembra quello di cambiare ciclicamente destinazione religiosa a seconda di chi la conquista. Cattedrale ortodossa, poi cattolica, convertita in moschea dopo la presa ottomana – dove però il sultano Mehmet ordinò di preservare i preziosi mosaici, coprendoli invece di distruggerli, come l’iconoclastia islamica avrebbe imposto – nel 1935 il padre della Turchia moderna Mustafa Kemal la trasformò in un museo. Fino a oggi.

Santa Sofia, come comunemente viene chiamata in Europa, è da sempre al centro di una battaglia fra culture e religioni. Con un passato travagliato e formidabile. Il sultano Mehmet, soprannominato Fatih ‘il conquistatore’, richiamò nella città, anche dalla odierna Grecia, ministri di ognuna delle religioni di tutte le comunità di Costantinopoli, garantendo libertà di culto e inaugurando un’era di tolleranza riconosciuta dagli storici. Farà lo stesso Erdogan, seguendo l’esempio del condottiero al quale con evidenza si ispira? Ecco perché sarà interessante seguire a breve lo sviluppo di un luogo fortemente simbolico come Santa Sofia, tanto amato e così controverso nella sua storia.

(Marco Ansaldo – La Repubblica).     (L’articolo)

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