(Roma-02 giugno 2020). Assieme a Francia, Grecia, Cipro e Emirati: una mossa per frenare Erdogan su Libia e gas.
Si E’ GIA’ aperta una nuova fase nel gioco politico, energetico e anche militare nel Mediterraneo. La nave turca per trivellazioni «Fatih» è salpata da Istanbul per il Mar Nero, per gli ultimi preparativi prima di spostarsi nelle acque di Cipro, dove da luglio dovrebbe iniziare a fare ricerca di idrocarburi. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in persona ha detto che «riprenderemo le ricerche che erano iniziate nel 2019».
La «Fateh» (il «conquistatore», dal soprannome del sultano ottomano Mehmet che conquistò Costantinopoli nel 1453) può perforare fino a 2 mila metri di profondità. Il suo lavoro sarà una sfida industriale ma soprattutto politica ai paesi che nel bacino orientale del Mediterraneo puntano ad esplorare e sfruttare sostanzialmente gli stessi immensi giacimenti di gas a cui punta Ankara.
Due anni fa, dopo le minacce di unità militari turche, la multinazionale americana Exxon-Mobil e il consorzio italo-francese formato da Eni e Total decisero di rinviare le loro trivellazioni nell’area, garantite dal governo di Cipro con assegnazioni legali e in sintonia con il diritto internazionale.
In questo gioco di politica, ricerca petrolifera e presenza navale si inserisce l’alleanza industriale e anche politica che l’Egitto di Abdel Fatah al Sisi ha iniziato a sviluppare da qualche anno. Il Cairo da tempo ha fondato un «East Med Gas Forum» che include Egitto, Israele, Palestina, Grecia, Cipro, Italia e Francia. Una vera e porpria organizzazione internazionale, con un segretariato, un livello ministeriale, uno di Senior Officials sulle risorse energetiche del Mediterraneo orientale che inevitabilmente si è scontrato con l’ «espansionismo» energetico della Turchia.
Dopo una prima riunione a gennaio, a metà maggio il Cairo ha convocato invece una video-conferenza a 5 (con Grecia, Cipro, Francia e anche Emirati) che di fatto è diventata una sorta di alleanza anti-Turchia. Il comunicato finale del «Gruppo dei 5» ha indicato l’attività di esplorazione petrolifera della Turchia come una attività «illegale» nella acque di Cipro, aggiungendo una condanna delle violazioni dello spazio aereo greco con i voli di aerei da caccia turchi.
Questo dopo che il 16 maggio l’Unione europea aveva già condannato i lavori della nave turca «Yavuz» che sta operando nelle acque di Cipro da aprile.
Naturalmente il gruppo dei 5 ha preso in considerazione anche l’attività militare della Turchia in Libia, frutto dell’accordo con cui Tripoli e Ankara hanno delineato i confini marittimi della loro zona economica trascurando la presenza e gli interessi della Grecia e di Cipro.
Il 17 maggio la Turkish Petroleum Corporation ha presentato una richiesta al governo di Tripoli per avviare l’esplorazione di petrolio nelle aree marittime della Libia che in verità sarebbero sotto il controllo della milizia del generale Khalifa Haftar, il generale che attacca il governo di Tripoli.
Il «gioco» energetico si collega quindi direttamente alle alleanze che stanno fomentando la guerra civile libica in questi mesi. L’Egitto, gli Emirati, la Francia, la Grecia continuano a sostenere in maniera più o meno diretta la milizia del generale Haftar nel suo attacco a Tripoli e al governo di accordo nazionale.
Soltanto a dicembre il presidente egiziano Al Sisi aveva ripetuto che «l’Egitto sostiene la LNA (la milizia di Haftar) e non la abbandoneremo». Interessante notare che il rais egiziano ha indicato il nome della «Libyan National Army», non quello del generale che la comanda al momento: non c’è nessuna conferma del fatto che il Cairo abbia deciso di cambiare cavallo, sostituendo Haftar, ma di sicuro assieme agli Emirati gli egiziani saranno i più determinati a sostenere comunque una coalizione della Cirenaica in funzione anti-Tripoli e anti-Turchia.
In questo gioco di alleanze e interessi industriali si muove oggi l’Italia: in difficoltà nel momento in cui bisognava schierare soldati o fornire armi alle fazioni libiche di Tripoli, adesso che la guerra civile libica entra in nuova fase il gioco diventerà più politico, e l’Italia potrebbe ritrovare un ruolo. In una partita che sarà allargata sicuramente anche a tutto quando avviene nel Mediterraneo orientale. Soprattutto in questo complicato ma affascinante gioco del gas d’Oriente. (di Vincenzo Nigro – La Repubblica).