Infuria la battaglia alle porte di Tripoli. L’artiglieria pesante del Governo di Accordo Nazionale sta attaccando le milizie di Haftar all’interno dell’aeroporto della capitale. Dopo quasi un anno di assedio, le forze di Al Sarraj, grazie al determinante aiuto della Turchia, hanno costretto l’esercito di Haftar a perdere posizioni, abbandonando i quartieri della periferia sud di Tripoli. Ritirandosi, gli uomini di Haftar hanno disseminato gli edifici di trappole esplosive. Nella telefonata di ieri con il premier Conte, Al Sarraj ha chiesto l’aiuto italiano proprio per bonificare le zone minate, oltre a rinnovare le proteste contro la missione navale europea Irini, in corso al largo della Libia per garantire il rispetto dell’embargo sulle armi. Secondo Tripoli, Irini favorisce Haftar, che continua a ricevere rinforzi per via aerea o attraverso la frontiera con l’Egitto, mentre il blocco navale ostacola di fatto solo l’arrivo via mare degli aiuti militari turchi. Ma Conte ha assicurato che la missione, voluta da Bruxelles, si svolge con principi di assoluta neutralità. La questione libica, in questi giorni, è tornata al centro dell’attenzione diplomatica. Il segretario di stato americano, Mike Pompeo, è in costante contatto con Al Sarraj e, dopo mesi di silenzio, rende di nuovo esplicito il sostegno di Washington alla causa del Governo di accordo nazionale, riconosciuto dall’Onu. Gli Usa puntano l’indice contro l’appoggio di Mosca ad Haftar. Accusano la società statale russa Goznak di stampare dinari libici « contraffatti » destinati al generale della Cirenaica, segnalando come « prova » il sequestro, avvenuto nei giorni scorsi a Malta, di un carico di banconote per 1,1 miliardi di dinari destinate alla banca centrale di Bengasi. « L’unica banca centrale legittima in Libia è quella di Tripoli – dice il Dipartimento di Stato – la Russia stampa dinari contraffatti esacerbando i problemi economici del paese ». Mosca risponde con una nota del suo Ministero degli Esteri: « La Libia ha due banche centrali perché il paese è in mano a due diversi governi. Le banconote destinate a Bengasi sono legate a un regolare contratto di fornitura. Quindi non sono contraffatti i dinari, ma le dichiarazioni dell’America ». Questa polemica segue di qualche giorno quella sollevata dall’ambasciata americana a Tripoli per l’arrivo di 12 cacciabombardieri Mig Russi nella base aerea di Al Jufra, a sostegno dell’Lna. « Azioni destabilizzanti » dicono gli Usa, che starebbero riflettendo sull’opportunità di schierare una propria brigata in Tunisia. Intensi i contatti, nelle ultime ore, anche tra Tripoli e il Qatar, l’altro alleato di Al Sarraj. Oggi il presidente francese Macron ha discusso della situazione in Libia nel corso di una telefonata con il presidente egiziano Al Sisi, entrambi schierati da sempre al fianco di Haftar. L’Egitto, in particolare, da mesi denuncia l’ingresso della Turchia nel conflitto, considerandolo un nuovo tentativo di « invasione ottomana » del nord africa. L’evoluzione della crisi libica è stata al centro di colloqui telefonici, in queste ore, anche tra Egitto, Emirati Arabi ed Arabia Saudita. Sul terreno, intanto, si segnalano massicci riposizionamenti di truppe e miliziani, come se i due contendenti, e i loro rispettivi alleati, si preparassero a operazioni che potrebbero portare a una imminente e definitiva svolta nel conflitto. In tutto questo, la produzione petrolifera libica resta paralizzata, con i pozzi e gli oleodotti in mano, dalla fine di gennaio, alle tribù fedeli ad Haftar. Mentre l’attività dei trafficanti di uomini, lungo le coste controllate sorvegliate da Tripoli, prosegue indisturbata. Al Sarraj avrebbe chiesto all’Italia ulteriore « sostegno » per permettere alla propria Guardia Costiera di contrastare il fenomeno con maggiore efficacia. (Rai News)