Alla prima udienza di un processo unico al mondo, quello per i crimini commessi dal regime siriano di Bashar al-Assad, il procuratore generale Jasper Klinge non ha usato mezzi termini per definire uno dei due aguzzini che la giustizia tedesca è riuscita a trascinare alla sbarra: criminale, sadico, torturatore. E l’elenco delle atrocità elencate davanti agli imputati, due figure di primissimo piano dei servizi segreti siriani, Anwar Raslan ed Eyad al-Gharib, è insopportabile.
Dal 2002 la Germania ha cominciato a organizzare processi per crimini contro l’umanità anche quando non avvengono sul territorio internazionale; dall’anno successivo una task force specifica ha indagato sulle lesioni dei diritti umani avvenuti in Congo e durante la guerra nell’ex Jugoslavia. Tra il 2015 e il 2017 la task force ha raccolto oltre 2.800 denunce di profughi siriani sulle persecuzioni e i crimini commessi dal regime di Assad. Il processo contro i due torturatori avviato oggi andrà avanti fino ad agosto. La procura chiede di condannarli all’ergastolo per omicidio plurimo, violenze e stupri.
Ad Anwar Raslan era stato affidato nove anni fa, all’inizio della guerra civile in Siria, la «sezione 251» dei servizi segreti, incaricata di dare la caccia agli oppositori del regime. Il co-imputato Eyad al-Gharib li rastrellava alle manifestazioni e glieli consegnava. Almeno 4000 persone sarebbero passate nelle stanze di Raslan e continuano a soffrire a dieci anni, a detta del procuratore, di enormi traumi. Cinquantotto persone sono morte per le conseguenze delle torture.
Raslan non ha detto una parola durante la prima udienza. E’ stato portato in aula ammanettato, come al-Gharib. E ha ascoltato in silenzio l’elenco insostenibile delle sue atrocità. Stupri, botte con bastoni, tubi di plastica e di gomma. Donne e uomini appesi per ore al soffitto, torturati senza pietà finché non svenivano. A uno di essi, dopo averlo appeso, gli scagnozzi di Raslan avrebbero dato da bere per poi tappargli il pene.
Il capo dell’unità segreta dei torturatori di Assad era scappato in Germania e aveva chiesto asilo nel 2014. A Marienfelde, dove viveva in un campo profughi, era stato riconosciuto da ex oppositori di Assad e da avvocati di diritti umani. Raslan non ha mai cambiato nome e non ha mai fatto nulla per nascondere la sua vera identità. Nel 2015 si sarebbe presentato addirittura a una stazione della polizia di Berlino per denunciare presunte spie russe siriane e russe che lo stavano seguendo. (La Repubblica)