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Per l’Onu, l’embargo sulle armi in Libia è « una barzelletta »

I Paesi e le organizzazioni internazionali impegnate nel processo di pacificazione della Libia confermano a Monaco di Baviera gli impegni sottoscritti alla conferenza di Berlino, ma l’Onu avverte che «l’embargo sulle armi è diventato una barzelletta» e la situazione sul terreno, «malgrado alcuni segnali positivi, resta profondamente preoccupante». È impietosa Stepanie Williams, vice dell’inviato speciale delle Nazioni Unite, Ghassam Salamè, assente alla conferenza sulla sicurezza in Baviera per motivi di salute.

La tregua regge ma «è appesa a un filo» ha avvertito. «Dobbiamo davvero fare un passo avanti. È complicato perché ci sono state 150 violazioni, di terra, mare e aria. Il cessate il fuoco – ha sottolineato – deve essere monitorato e serve un sistema di attribuzione delle responsabilità».

«Dobbiamo tenere il punto sull’embargo della armi. Ci vuole una missione dell’Unione Europea che sia in grado di bloccare l’ingresso delle armi in Libia. Crediamo che oltre al cessate il fuoco serva una missione di monitoraggio», ha ribadito il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che in più sedi ha sottolineato come diversi Paesi continuano ad interferire nel conflitto nonostante gli impegni sottoscritti a Berlino.

Il padrone di casa, il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha annunciato per marzo a Roma un nuovo incontro del Comitato internazionale di monitoraggio sulla Libia. Maas e Williams hanno presieduto una riunione nel corso della quale rappresentanti di Onu, Unione africana, Lega Araba e di 12 Stati hanno ribadito il sostegno ai principi della conferenza di Berlino del 19 gennaio. Prima dell’incontro, Maas ha ribadito che l’obiettivo è l’applicazione, «passo dopo passo, di tutto ciò che e’ stato concordato» in quella sede, quando 16 attori si impegnarono a sostenere il cessate il fuoco, soprattutto fermando le interferenze esterne. Impegni che di fatto almeno in parte non sono stati rispettati.

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A Monaco, come a Berlino, c’erano i ministri degli Esteri di Algeria, Cina, Egitto, Francia, Germania, Italia, Russia, Turchia, Congo, Emirati Arabi Uniti, Gran Bretagna e Usa. Che hanno parlato di «deplorevoli violazioni dell’embargo sulle armi».

Ma tra gli stessi Paesi c’è chi, con le armi, sostiene l’una o l’altra parte: la Turchia, sponsor principale del Governo di accordo nazionale del premier di Tripoli, Fayez al-Serraj, la Russia, gli Emirati Arabi, l’Egitto, schierati con l’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar.

«L’invio di combattenti dalla Turchia in Libia crea instabilità», ha attaccato l’Arabia Saudita, altro sostenitore di Haftar. Maas ha assicurato che martedì a Ginevra si terrà il prossimo incontro del 5+5, il Comitato militare composta dai rappresentanti delle due fazioni. Salamé aveva fissato la data del 26 febbraio per l’inizio del primo ‘dialogo politico’, sempre a Ginevra. Maas ha confermato anche questa. (AGI)

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